CANTANTE D'AUTO - parte prima
Roma, giorni nostri, notte d’estate
ADRIANA RENALE (26), in arte Renée, con la voce ci fa quello che vuole.
Lo sta dimostrando al pubblico dell'Ippodromo Capannelle sulle note di Pantera.
La stessa canzone che TEODORO SMACCA (31) canta al volante di una vecchia Micra del ’99.
Un cavetto collega il cellulare sul sedile passeggero a una cassetta dentro il mangianastri e a ogni cambio marcia, il filo rischia di incagliarsi nella manopola. «Ma tu sei una pantera, pantera.»
Zigzagando sul lungotevere animato dal venerdì sera, Teo finisce il ritornello con buona intonazione e sul proseguo della sola strumentale, si motiva ad alta voce.
«’sta parte è quella giusta, vai lì e te la prendi. Hai capito?»
Non contento dell’enfasi, si dà uno schiaffo di media intensità. «Oh! Hai capito sì o no?»
«No, non capisco perché ancora devo fà ‘ste marchette.» Taglia corto Renée struccandosi in camerino.
CAMILLA (32), la nuova manager, guardandola attraverso lo specchio, dice che non sono marchette, ma pubbliche relazioni. Renée allora non trattiene una risata. «Hai ragione, al massimo sono loro che stanno a marchettà.» Si volta e squadrandola con gli occhi di un felino tropicale, chiede cinque minuti da sola.
Appena Camilla esce, tira fuori dalla borsa un sottotazza in metallo, ci rovescia della cocaina da un blister. Poi va al buffet, si cala uno shot di Grey Goose e spolvera in due giri il sottotazza, che rimette in borsa prima di tornare a passarsi l’ovatta sulla guancia.
Teo si asciuga una lacrima sullo zigomo, sta recitando con buona performance la parte di Martino.
È a casa del regista VALERIO (36) e a dargli le battute c’è DANTE (30), che interpreta il ragazzo che Martino deve sedurre.
Dante non sta facendo proprio il serio e sul più bello della dichiarazione, mentre Teo si avvicina per baciarlo, decide di rivedere la sceneggiatura, afferrandolo per il “pacco”.
«Dai però!» Fa Teo staccandosi.
Dante lo guarda con le mani in segno di preghiera, gioioso negli occhi.
«Sicuro che non te lo posso succhiare?»
«’na fissa proprio eh?»
«Non ci credo che uno carino come te non se l’è mai fatto succhiare.»
Teo si volta cercando Valerio, che si gusta sia lo spettacolo dal divano, che la coca sulle gengive.
Il regista rilascia un sorriso sottile, le sopracciglia si inarcano.
Renée si stropiccia gli occhi, li apre e li chiude. Dall'ingresso il campanello sta suonando senza sosta.
Vestita solo di slip e maglietta, attraversa la sala passando di fianco al pianoforte.
Apre la porta e si trova davanti la manager che canta. «Che cosa sei? Ma dove vai? Che cosa vuoi?»
Non le risponde neanche e Camilla, entrando, continua a cantare, così le ordina di fermarsi ma la manager non può perché «è oro! Che cosa sei? è disco d'oro!»
All'altezza del pianoforte, Renée si siede sullo sgabello.
«Beh, non sei contenta?» Le chiede Camilla.
Lei sposta lo sguardo nel vuoto, premendo un tasto. «Certo.»
«Ecco bravissima, così.» La manager, ancora a mille, tira fuori il cellulare. «dobbiamo fare un po’ di storie.» E inizia a scattare. «Non abbiamo un istante da perdere. Stasera la Virgin ha organizzato una festa.»
«Ma se non ci sei non mi importa,
lo sbaglio di un ritardo.»
Nella sua stanza, Teo solleva il bilanciere davanti allo specchio.
Con il fiato spezzato, canta la seconda strofa di Che cosa sei?
Dopo l’ultima alzata, abbassa esausto il bilanciere.
«Bastardi, mi pippano in faccia loro.»
Lo dice fra sé rifiatando accovacciato, poi continua il discorso.
«Ma tu non fai una piega, sei forte. Sei forte cazzo.»
Riafferra il bilanciere e si rialza per un’altra serie.
Di fianco all’immagine del suo sforzo allo specchio, un calendario con tutti i giorni segnati una x, come quella che mette sull’ultimo di giugno quando finisce.
Uscendo dalla doccia, Teo incrocia Florio, il suo coinquilino che ha una novità. La novità è che Giulia, la sua ragazza, ha deciso di organizzare il compleanno a casa loro, una mega cena.
«C’è anche Tania, presente? Lei con due amiche mai viste…»
Florio non trova in Teo l’entusiasmo che cercava, ma prosegue lo stesso. «Giulia voleva farla oggi ma ho spinto per domani. Stasera hai il tuo appuntamento, giusto?»
«Sì.»
«Ecco, infatti, ah senti, quasi mi scordavo, come è andata ieri con il regista?»
«’na bomba.»
Davanti a un mixer che sembra la cabina di un’astronave, RICCARDO (37) fa sì con la testa e dice un’altra volta che è una bomba.
Sta finendo di ascoltare un pezzo accanto a una ragazza con le treccine. Il cellulare segnala silenzioso una chiamata ma lui non può notarlo. La ragazza, troppo entusiasta per il riff in chiusura, gli appoggia una mano sulla coscia.
Renée mette giù il telefono. È tutto il pomeriggio che, tra un’intervista e uno shooting, prova a chiamare il suo ragazzo.
Camilla, che non la molla un istante, nota il crescere del suo malessere, ma non può sapere che, fra i tentativi di chiamata a Riccardo, Renée sta scrivendo su Telegram per della coca, che stasera però sembra introvabile in tutta Roma. Proprio oggi che ha fatto il disco d’oro.
«E tu a quel punto che hai fatto?»
Dopo la domanda, Moreno lo squadra ciucciando dalla cannuccia una Coca Zero ghiaccio e limone, lo stesso “drink” che beve Teo in un cocktail bar a Tor Cervara.
«Col cazzo che glielo succhio.»
Per poco Moreno non si strozza e si volta trovando attorno qualche sguardo incuriosito.
Teo lo ripete a bassa voce. «Manco se mi piacesse la minchia, ma perché lui che è un regista, un artista quindi, perché si è fermato alla mia sessualità? Ogni volta è così, sono carino ed effeminato e devo per forza essere gay. Perchè?»
Moreno espira profondamente. «È un mondo sempre più malato, il tuo settore poi, lo sai…»
«Io so solo che ieri ho fatto una gran fatica a dire di no mentre mi pippavano in faccia, stavo lì a bermi sta cazzo di Coca Zero.» Teo guarda il bicchiere, lo finisce e continua a parlare tenendolo in mano.
«Se poi a fine serata non faccio nemmeno partire l’orgia, come posso entrarci in confidenza? Come può darmi la cazzo di parte che mi cambia la vita?» Chiede posando forte il bicchiere.
Moreno viene percorso da un piccolo tremolio. «Se è andata così.» Fa stringendo la cannuccia. «Vuol dire che non era l’occasione giusta e poi insomma, questo regista che--»
«Quattro puntate da quasi protagonista su una serie Sky non sono l’occasione giusta?»
«So quanto ci tenevi.» Moreno Stringe ancora di più la cannuccia. «Davvero Teo, me ne parlavi già la scorsa volta e in questo mese la notte ho pregato per te. Non ti parlo neanche del ruolo di Dio perché sai che--»
«No infatti. Senti Morè, ma...» Teo perde un secondo guardando la cameriera posare quattro boccali al tavolo accanto. «…Me la posso prendere una birretta piccola?»
Moreno abbassa lo sguardo, visto lo stato in cui ha ridotto la cannuccia, finisce la Coca dal bicchiere anche lui, non risponde.
«Eddai. Sono sei mesi che non tocco niente, dopo la prova di ieri non credi che me la posso permettere?»
«Non sarò certo io a dirti di no. Sono il tuo sponsor, non la tua coscienza.» Conclude alzandosi.
«Ma dove vai?»
Moreno lascia cinque euro sul tavolo. «Il nostro tempo è finito e ho un altro appuntamento.» E così dicendo, dopo un’occhiata di compassione contenuta, si incammina verso l’uscita.
«Certo, proprio quando arrivano gli argomenti veri.» Borbotta Teo tornando subito a guardare la cameriera.
Fuori, quando sale in auto, Moreno non parte subito. Aspetta cinque minuti fissando l’entrata del locale, poi se ne va.
Sulla terrazza di un hotel vicino ai Parioli, Renée si muove tra un invitato e l’altro.
Per quanto venga approcciata con fare affabile e argomenti interessanti, tutte le persone alla fine non resistono: devono chiederle una foto. Questo aspetto di mondanità 2.0 la manda via via al manicomio. Non è riuscita a rimediare niente da sgretolare sul sottotazza, in più, quando Riccardo si è degnato di richiamare, le è sembrato strano, quanto meno per il modo con cui ha accolto notizia della certificazione FIMI, lui che, queste cose, le sa sempre prima di tutti. Perché non è stato lui a svegliarla con la notizia?
Ma soprattutto, perché ‘sta cosa non gliel'ho chiesta prima al telefono?
Tra solari chiacchiere di niente, la domanda le ostacola sempre più la cortesia, e si insinua un sospetto, un sospetto che prende a braccetto la voglia di farsi.
Renée sta per fare l’errore da non commettere mai se sei una tossica famosa, ma Camilla, forse per caso, forse per intuizione, la trattiene prima che possa chiedere aiuto al primo sconosciuto con scritto cocaina in faccia.
Le due si defilano in un angolo della terrazza.
«Adriana, cos’hai? Con me puoi parlare.»
«Non chiamarmi così, non siamo ancora in confidenza e 'sta festa è 'na palla. Non l’hai capito che a me piace solo stare in studio?» Renée non le lascia il tempo di rispondere. «E comunque, fra cinque minuti me ne vado.»
«Ma come?»
«Arriva Riccardo a Termini con l’ultimo treno.» E così dicendo, Renée accoglie sorridente l’ennesimo sconosciuto che si presenta.
Camilla, appena la sua assistita lascia la festa, non convinta dalla sorpresa di un uomo che non le piace, lo va a cercare su Instagram per una breve indagine sulle sue storie.
«Io vado totalmente in crisi quando devo farle, cioè, per esempio, l’altra sera volevo farne una scrivendo: perché certi trapper si portano il borsello appresso anche quando cantano sul palco? Sono sicuro che avrebbe creato engagement, ma allo stesso tempo ho pensato: guarda questo, ha avuto la riflessione sfiziosa e subito a condividerla per ricevere attenzioni, perché è questo che penso quando lo fanno gli altri, così mi blocco. Capisci?»
La cameriera approfitta della pausa per congedarsi con il bicchiere vuoto. Mentre Teo l’osserva sculettare verso un altro tavolo, si ricorda che il brutto di diventare tossici è che, dopo, diventa difficile gustarsi di nuovo i piaceri della vita.
La cocaina gli ha rovinato il rapporto con l’alcol, perciò, dopo una birra va in paradiso e approcciando la schiuma della quarta, ha già fatto altrettante volte sali e scendi dall’inferno.
Si guarda attorno con un sorriso celestiale sotto un leggero baffetto bianco, cerca qualcuno a cui scroccare una sigaretta.
«Ehi scusa!»
Il ragazzo nigeriano appoggiato all’angolo della piazza a San Lorenzo non la sente. Allora Renée, dalla sua Smart accostata a una decina di metri, lancia un fischio napoletano a regola d’arte. Quello si avvicina e i suoi occhi curiosi si sgranano ancor di più.
«Ciao bello, mi puoi dare una mano?»
Lui appoggia i gomiti sul finestrino abbassato. «Che ti serve?»
«Due palline, 100 euro, ok?»
Gli mette i soldi sotto.
Il ragazzo alza la testa osservando attorno. «Tu chiedi a me solo perché nero vè?»
«Dai, senti non--»
Si riappoggia al finestrino, le sorride. «Scherzo, tieni bella fica.» Mette una mano nel borsello e lascia cadere due palline, prende i soldi, poi alza di nuovo la testa e dà una pacca sul tettuccio.
«Vai, c’è macchina brutta!»
Questa volta non sembra scherzare, infatti corre via. A Renée sale una vampata di panico e per poco non infila troppo in fondo le palline negli slip. La Grande Punto blu gira adagio attorno alla piazza, decide di non aspettare, mette in moto.
Percorre Via dei Sardi con la Punto dietro, ma pian piano regolarizza il respiro. Se fossero stati in borghese, l’avrebbero fermata subito.
Continua ad andare con calma e si tranquillizza del tutto quando la Punto prosegue dritto su Via dello Scalo.
Dopo la svolta in una viuzza della zona universitaria, Renée accosta e tira fuori le palline.
Mentre inizia a scartare la prima, quello che dovrebbe essere il momento più bello per una tossica, diventa l’istante più brutto per una cogliona. Ecco la parola che trova per sé quando il sapore dell’aspirina si palesa sulla lingua.
Vorrebbe urlare ma in quel momento passa una coppietta, la guardano camminando abbracciati e ha solo la forza di nascondere lo sguardo.
Butta fuori le palline dal finestrino iniziando a piangere.
«Hai delle isole negli occhi e il dolore più profondo riposa almeno un’ora solo se ti incontro.»
Teo, ai centodieci su Via Tiburtina, canta a squarciagola l’ultimo inserimento nella sua playlist deep emotions. Il cavo del cellulare sfiora sempre il cambio e c’è il quarto bicchiere quasi finito nel porta bibite. Ha deciso di rubarlo assieme alle bevute. «E ti A-M-O e con le mani dico quello che non so.»
Mentre afferra il calice per finirlo, l’inevitabile percezione alterata dall'alcol, unita all’impegno richiesto dal Tizianone nazionale, non gli permettono di cogliere al meglio la frenata della Panda davanti. Prima del semaforo, d’istinto, lascia a mezz’aria il boccale che per inerzia si rovescia sul mangianastri, bagnando l’entrata della cassetta. Segue brusca e stridente frenata con stop a pochi decimetri dal baule della Panda.
Il tipo di fianco, dall’alto della sua Jeep, lo guarda male.
Teo, per cercare di nascondersi, si china e spinge il boccale sotto il sedile passeggero, snoda il filo dal cambio e raccoglie il cellulare. Scatta il verde, il tipo della Jeep, prima di partire, gli lancia l’ultima occhiata scuotendo la testa.
Dopo un centinaio di metri, sentendo abbastanza spazio personale attorno all'auto, Teo si lascia andare a un gran urlo. Ma la cassetta non funziona, ha già attaccato e staccato il cavetto due volte, non va bene, cantante d’auto ha bisogno di sfogare dopo un momento del genere.
Rallenta vedendo il prossimo semaforo farsi rosso.
«Cazzo!» Urla dando una botta sullo stereo appiccicoso di birra, ne dà un’altra e pigia senza volere l’accensione della radio; quella funziona e le prime parole del dj lo placano subito.
«Ascoltiamo adesso il singolo che dà il nome al suo album, oggi certificato disco di platino. Ecco l’incredibile voce di Renée, Che cosa sei? – Radio Kiss Kiss play ewerywhere!»
«Sì, l’amore mio! Grazie Radio Kiss Kiss.» A Teo brillano gli occhi, sa che può dare una buona interpretazione e allora, sugli ultimi istanti di strumentale, raccoglie tutto il sentimento; in fondo, è un’interpretazione pure quella.
Una Smart si avvicina alla vecchia Micra.
Renée butta la sigaretta dal finestrino e riconosce la canzone che ha già sentito un milione di volte, ma non ancora così. Nota subito un leggero fuori tempo, però l’intonazione non è male. Mentre continua a fissarlo, inizia a pulirsi il viso dalle righe di trucco; quel tipo, probabilmente senza saperlo, sta usando la voce in maschera e si muove come un cantante consumato davanti a un microfono immaginario.
Teo non può sentire i suoi occhi addosso, ha troppo ritmo, scatta il verde e parte a razzo.
Renée rimane ferma con il sorriso appeso in faccia, quello dietro suona il clacson e lei, ripartendo, senza chiedersi tanto il perché, decide di seguire la vecchia Micra.
La manopola del volume non funziona e Teo, in maniera sempre più fiacca, continua a picchiare sullo stereo.
L’interpretazione impeccabile gli ha tolto tutte le forze e anche la parvenza di lucidità viene meno, all’improvviso, fare l’ultimo pezzo prima di casa diventa un’impresa, come se da quelle parti non fosse già difficile trovare un parcheggio.
In una traversa vicino casa, nota un buco che sembra perfetto, ma la sensazione svanisce alla prima manovra d’ingresso, troppo stretto. «Manco avessi una…»
Nel provare a infilare la retro, perde l’ultimo briciolo di coscienza e si accascia piano sul sedile passeggero, addormentandosi di colpo.
La Smart affianca la Micra di traverso, accosta quanto basta per far passare.
Renée scende e si avvicina al finestrino abbassato.
«Ehi, tutto ok?»
Teo non dà segni di vita, così, dopo altri due tentavi vocali e dopo avergli sentito il respiro, Renée apre la portiera e lo spinge di forza sul sedile passeggero.
Lui blatera qualcosa a occhi chiusi e si appoggia al sedile come se fosse un cuscino, accucciandosi sul tappetino.
Renée lo fissa un istante, si morde un sorriso.
Mette in moto, esce dal “parcheggio”, scende dalla Micra e ci infila la sua Smart, poi, con Teo accanto svenuto nella stessa posizione, trova parcheggio tornando sulla via principale.
«Sveglia!»
Alla terza pacca sulla spalla, Teo riapre gli occhi.
«Ce la fai ad arrivare a casa? Se vuoi ti accompagno.»
Ha una faccia raccapricciante nel rimettersi a sedere. «Sì, ma tu, cosa…»
«Ti ho dato una mano con il parcheggio.»
«Ah, grazie.»
Attimo di Silenzio.
«Casa, casa mia è quella lì.» Fa indicando un portone poco distante.
«Ma dai, manco a farlo apposta, ce la fai a?»
«Sì sì.»
Renée gli passa le chiavi, scendono dall’auto e iniziano a camminare a un metro di distanza.
Teo non resiste.
«Ma tu sei davvero--»
Lei non lo lascia finire. «Ti ho sentito cantare prima in macchina.»
E gli regala un sorriso bellissimo, un sorriso che riesce solo a certe star quando vengono riconosciute.
Mentre proseguono paralleli, gli occhi di lei iniziano ad avvertirlo del palo davanti, ma lui continua a guardarla.
Lo schianto è inevitabile.
Renée si avvicina e tenendolo per il gomito, un po’ divertita, un po’ dispiaciuta, lo accompagna fino al portone. «Devi mettere subito del ghiaccio, in casa c’è qualcuno?»
«Il mio coinquilino.» Lamenta Teo cercando le chiavi.
Lei non trattiene una mezza risata. «Campanello?»
«Solina - Smacca ma--»
Renée ha già premuto e, guardandolo negli occhi, lo bacia sulla guancia.
«Ora devo andare.»
«Chi è?»
Si incammina e Teo le fissa il sedere nei pantaloni attillati di velluto blu. Come per magia, si gira e gli sorride l’ultima volta.
«CHI È?»
«Sono io Flò, ho, ho bisogno del ghiaccio.»
continua…
da CANTANTE D’AUTO racconto – deposito Patamu n. 184763 del 27/07/22