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VOCE DI DONNA - capitolo 3

Furio non aveva seguito la raccomandazione più importante di Samuel. Masturbarsi significava decidere consapevolmente, preferì invece viverla come una naturale e perché no, giusta conseguenza dei suoi tragici eventi.


La porta si socchiuse, una sottile mano tatuata lo trascinò dentro.

Celeste si sorprese, era meglio di come lo immaginava dalla foto WhatsApp, ma Furio non se ne accorse, ammaliato fino a una stanza profumata di incensi, illuminata da luci al neon e soffusa da musica ambient.

Venne in un minuto, però, un po’ per la cifra pattuita, che prevedeva altro tempo, un po’ per il tasso alcolico che stava bene con la musica ambient, non fu preso dalla miseria che assale gli uomini quando non si controllano con successo.

Si lasciò pulire e cambiare il profilattico, le operazioni di Celeste erano dolci e le sue domande così curiose che gli venne voglia di baciarla. Sapeva di non poterlo fare in bocca, così, per prova, gliene diede uno sulla guancia. Lo fece gli occhi di un ragazzo che rubava per la prima volta; lei sorrise e Furio continuò deciso, scese piano fin dove nessuno era mai stato, o meglio, dove nessuno aveva mai spinto la sua lingua così sinceramente.

Celeste fu presa da un imbarazzo familiare e sconosciuto, lo dovette riportare su e sempre tenendogli il viso tra le mani, lo fece entrare prima sotto e poi nei suoi occhi, chiamandogli un bacio.

Furio, complice il totale silenzio cerebrale, iniziò a prendere ritmo concentrato solo su di lei, stupefatto da tanta bellezza, fino a sfiorare il controllo.

«Che ridi?» Gli chiese Celeste che poi lo ribaltò giocando.

Si mise sopra. Furio aveva perso la possibilità di baciarla, ma aveva guadagnato l’opportunità di vederla muovere in quel modo. Tuttavia, sapeva che fissare il dondolio del suo seno sarebbe presto diventato pericoloso, così, cercò di pensare ad altro e arrivò l’immagine di Melania. Non al posto di Celeste, ci mancherebbe, Melania era lì in una stanza buia che gli diceva di no.

Allora Furio tese i glutei, drizzò un po’ la schiena, e più Melania diceva di no, più spingeva in contrasto agli affondi di Celeste. Quel piccolo cambio postura generò subito degli effetti, tant’è che Ana lasciò la serie spagnola in salotto avvicinandosi alla parete.

Furio si stava sentendo la base della gru su cui Celeste avrebbe potuto girare all’infinito e senza dirglielo, giocando ora lui, la mise sotto come prima.

Lei avvertì le gambe partirle come da bambina alla scuola di ballo a Medellín. Le sue cosce si strinsero ai fianchi di Furio che continuava a spingere tanto forte quanto la sofferenza provata, così forte che lo urlò in un bacio a stampo, prendendole con una mano il collo e con l’altra la chiappa, fino a uno spasmo.

Poi un secondo, e le gambe di Celeste lo lasciarono con un tremolio che Furio pensava non avrebbe più rivisto.


«Buongiorno. Ho sentito che abbiamo passato una gran notte.»

A Emilia risposero le sue labbra, un sorriso muto che disse tutto.

Dopo una colazione leggera, lesse le notizie del giorno, fece stretching e andò in autonomia a fare una corsetta a Villa Borghese.

Prima di uscire, gli cadde l’occhio sui fazzoletti di Melania lasciati in cucina e dopo averci pensato un secondo, li buttò nel cestino di fronte allo sguardo perplesso di Dolores.

Emilia aveva ripreso a parlargli e anche se un pochino le scocciava ammetterlo, era contenta. Ma non voleva nemmeno smettere di essere oggettiva, sapeva di essere anche lei influenzata da quel continuo rilascio di endorfine. Le interessava solo sapere come si sentisse pensando alla notte scorsa, una risposta che arrivava da anfratti dell’anima inaccessibili perfino a lei.

Aspettò così che finisse la corsetta, ma quando fece per parlargli, un’altra voce di donna richiamò l’attenzione di Furio.

All’angolo della villa, dove il prato scendeva fino al parapetto, una coppia stava litigando senza un domani. Lui, con fare aggressivo, le urlava addosso e Furio si avvicinò silenzioso.

Emilia glielo ripeté impazzita per la sesta volta. «Cosa stai aspettando?»


«E se poi non ci vuole uscire con una puttana?»

Ana sorrise come una madre davanti alle paure della figlia. Aveva sentito una cosa rara attraverso la parete e nonostante la presenza di un briciolo di invidia, nonostante la fondatezza della paura di Celeste, non poté che continuare a incentivare l’incipit della prossima telenovela che avrebbe voluto vedere. «Ma tu lo sorprenderai, non è per lui che vuoi smettere?»

Dopo aver sorriso all’amica, Celeste si decise a spingere “invio”.


Furio fece la discesa senza che l'uomo se ne accorgesse, gli posò una mano sulla spalla e, con educazione, chiese spiegazioni. Quello si voltò come un raver a cui avevano appena fermato la musica a tradimento. La ragazza ne approfittò per urlare più forte e sopra si creò un piccolo gruppo di curiosi, tra cui un noto giornalista freelance che iniziò a filmare la scena.

Furio, con grande eleganza e sempre con educazione, provò ad argomentare seguendo Emilia, ma il risultato fu un cazzotto in faccia prima dell’arrivo della Municipale.


CONDUTTORE GENTILUOMO.

Così titolava uno degli articoli più cliccati sulla notizia virale del giorno seguente.

Melania finì di guardare il video e chiamò Giovanna.

«Te l’ho detto, fosse stato per me, mi sarei buttata da mo’. Vedi che non è facile trovare uno carino, con un buon lavoro e che ti vuole così tanto.»

«Pensa se mi presento a Roma…»

«Lo faresti morire.»

«Non ho mai fatto una cosa del genere.»

«E allora dai teso’, buttati, prima che se lo prenda qualcuna!»


-Ciao Furio, come stai? Ti volevo dire che mi ha fatto tanto piacere conoserti e se sei sempre libero come hai detto, ti va di andare a mangiare qualcosa questo weekend?

Ovviamette, paghiamo alla romana.

Finendo di leggere, la faccia di Samuel divenne sempre più quella de L’urlo di Munch.

«Eroe nazionale e questo messaggio nello stesso giorno, complimenti.»

«Cosa le rispondi?» Chiese Tino con un mezzo urletto.

«Non lo so, e se vuole solo spillarmi dei soldi?»

«Eh. Quelli non compreranno le donne, ma di sicuro fanno innamorare le troie.» Sospirò Tino.

«No.» Sbottò Samuel, così sconvolto da rispondere confuso. «Questo no.»

«Figurati se non deve difendere la sua cliente.» Continuò Tino.

«Dai Sa’, dimmi di più di lei.» Chiese allora Furio.

«Lo sai.» Disse iniziando a ricomporsi. «C’è il segreto professionale.»

«Non dire stronzate. Perché è venuta da te?»

«Guardalo quanto va a cazzo duro il cucciolo in meno di ventiquattr’ore.»

«Dai, per favore.»

«No, a parte tutto, è ‘n impiccio de documenti che non me va de raccontarte, però, se può aiutarti, quando è venuta in studio mi ha detto che lo faceva solo per un debito della madre.»

Nel bel salotto di Tino proseguì il silenzio per un secondo. «Però» aggiunse Samuel. «É poi vero che questa è anche la storia di tutte le puttane.»


«Emi, Tu che ne pensi?» Chiese Furio tornando a casa in macchina.

«Che dire, hai fatto trenta, a sto punto prova, se non altro per l’invito, è raro che un uomo riceva un messaggio del genere, te lo dico io. Vai vai, al massimo scappi.»

«Non sono così coglione da farmi imbambolare, vero?»

«No, tranquillo, e poi ci sono io ad aiutarti. Tu però ricordarti di andare a fare la risonanza. Capito?»

Ma Furio, anche se fermo al semaforo, era già partito col cellulare in mano.


A Milano il tramonto preparava il cielo e Melania sorrise sulle prime note della sua nuova canzone preferita. Guardò fuori dal balcone l’ultima volta, si voltò e iniziò canticchiando ad arruffare vestiti in un piccolo trolley.

Non lo avrebbe nemmeno chiamato. Se quel tipo di cose si devono fare, si fanno bene, e dopo aver ritrovato nella chat la strada in cui aveva detto di abitare, decise attaccando a ballare che lo avrebbe chiamato solo arrivata lì, per chiedergli il civico.

Al massimo, avrebbe aspettato bevendo qualcosa.


«Cincin!»

Dissero Furio e Celeste guardandosi sopra i calici.

Erano senza dubbio la coppia più bella del locale.

Furio, eccitato dall’ospitata al TG nazionale il giorno seguente, camuffò il suo io sotto un sorriso da ascolto partecipe. Lei, dopo due sorsi, aveva attaccato a raccontargli la sua vita, senza escludere niente, arrivando anche a parlare di Samuel e di come l’avesse aiutata con il permesso di soggiorno.

«E adesso quindi.» Chiese Furio dopo l'antipasto. «Che lavoro ti piacerebbe fare?»

I suoi occhi esplosero di gioia.

«Qualcosa con i vestiti, non so ancora bene cosa, però, intanto potrei portare qualche curricula come commessa, che pensi?»

«Che è un’ottima idea, se sa scegliere i vestiti come quello che indossa.» Suggerì Emilia.

«Di sicuro non ti ha aiutata nessuno.» Aggiunse Furio e Celeste si sciolse ancor di più tra un sorriso e un altro sorso di vino.

Pure a Emilia stava iniziando a piacere.

Celeste gli aveva dato un bacio al volo appena salita in macchina, ma quello era solo un assaggio, voleva tenere tutto per dopo e usciti dal ristorante, passeggiando con un gelato per le stradine piene di turisti, stava morendo dalla voglia di baciarlo di nuovo. Così, decisa a farlo davanti alla Fontana di Trevi, si avvicinò col cono in mano facendogli scivolare della nocciola sulla guancia.

Di fronte agli occhi ipnotizzati di due bimbi scandinavi, Celeste gli leccò via il gelato e con ancora la nocciola in bocca, lo baciò, prendendolo per il collo.

Dopo un secondo d’incanto, Furio rispose con la stessa energia; a quel punto anche i genitori dei bimbi scandinavi li notarono, così come altri attorno e visto il prolungarsi della passione, partì naturale l’applauso come alla fine di certi film.

L’entusiasmo attirò un bengalese che, senza chiedere il permesso, immortalò il momento in cui Furio e Celeste si staccarono in trance, ognuno negli occhi dell’altro.

La fisiologica paura di Melania si unì all’aria delle 23 e 35 a Roma Termini.

Alzò la mano chiamando il taxi nella piazzola semideserta.


Furio aveva trovato parcheggio all’inizio della via di casa e da lì iniziarono a salire lungo il marciapiede.

«Siamo proprio venuti bene.» Disse Celeste stringendo la polaroid del loro bacio.


Dall’altro imbocco della strada, stava intanto arrivando Melania e sia lei che Furio percorsero quei metri guardando a terra, ognuno proiettato su quello che sarebbe successo da lì a pochi istanti.

Poi il telefono di Furio prese a vibrare in tasca.

«Una collega.» Disse rimettendolo via, per giustificarsi con Celeste, e quando tornò a guardare davanti, vide Melania fermarsi prima del suo portone col telefono in mano.

Lei, molto più reattiva e composta, dopo un secondo passato al rallentatore, usò la stessa prima battuta che aveva preparato. «Ero, ero venuta a riprendermi i fazzoletti.» Disse con un sorriso sulla prima parola, a cui aggiunse una lacrima sull’ultima.

Lui fece per dire qualcosa, Celeste lo mollò per tirargli uno schiaffo ma non ci riuscì, Furio aveva già perso l’equilibrio e dopo qualche passo scomposto all’indietro, cadde a terra a peso morto.


Aprì e chiuse le palpebre più volte, forse blaterando qualcosa.

Una voce di donna gli stava parlando, ma non era Emilia e quei lunghi capelli neri non erano né di Celeste, né di Melania, erano di una bellissima dottoressa.

«Cos'è successo?» Riuscì finalmente a dire.

«Dicevo, la sua stava diventando davvero una brutta emorragia, però, è meglio parlarne in un altro momento. Vedrà Furio, nei prossimi giorni si sentirà meglio, e per qualsiasi cosa non esiti a chiamarmi. D’accordo?»

Guardò gli altri letti attorno. «Non è venuto nessuno a trovarmi?»

«Temo di no, almeno qui non ho visto nessuno, abbiamo solo rintracciato sua madre.»

«E dov’è?»

«Arriverà domani.»

«Ah, ok.»

Chiedendosi dove avesse già visto quel tipo carino, la dottoressa gli regalò l'ultimo sorriso. Dopo una carezza sulla spalla si allontanò e appena varcò l’uscita, una voce rauca, una voce di uomo, risuonò chiaramente in testa a Furio.

«Ancora a fare il frocio? Ma non l’hai visto che ci stava a provà

Gli uscirono gli occhi dalle orbite e si mise le mani nei capelli.

Una signora, vicino al marito nel letto accanto, lo guardò preoccupata.


fine



da VOCE DI DONNA – soggetto cinematografico

Dep. Patamu n. 182318 del 07/06/2022

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